PINOCCHIO -
UNO SPETTACOLO
PER NON-UMANI
Separandoci dall’opera originale "Le avventure di Pinocchio",
che continua ancora oggi a ispirare la fantasia e il genio di molti,
in questo lavoro evochiamo uno scenario distopico e
in qualche modo traumatico per il celebre personaggio di Collodi.
Del fantoccio sopravvive un corpo disumano, contorto e
irrequieto che sembra non ricordare nulla del proprio passato.
Un passato che lo ha destinato a divenire “uomo per bene”
di cui è effige una maschera dal carattere grottesco e delirante.
Il nostro Pinocchio, condannato alla staticità e all’isolamento,
è adesso proteso alla riconciliazione con la sua essenza primordiale:
ritornare al burattino, al diversamente umano
fino al punto di stravolgere la sua percezione degli eventi
che lo definiscono in quanto personaggio e a tradire quel lieto fine,
forse oggi troppo moralistico, della storia che conosciamo.


Attraverso l’animazione di oggetti poveri, quotidiani ed un linguaggio in fuga tutto inceppato e disordinato, riemergono le voci e i luoghi del romanzo, come anime disperse, ingombranti e sommerse che abitano il corpo di una bestia in rivolta.
La sola presenza che accompagna questo reietto è quella del Grilloparlante, una figura opaca, non definita, una voce distante e immobile confinata al banco regia, nelle vesti di un malriuscito direttore di scena.


Lo spettatore assiste ad un gioco aperto, tra la fiaba dark e la commedia dell’arte, in cui Pinocchio si fa tramite e portavoce di un grande quesito: cosa vuol dire essere umani oggi e cosa abbiamo sacrificato della nostra vera natura? La ricerca puerile di un’identità solitaria che rivendica il diritto alla sua unicità.
Essere non-umani.
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alla regia Valerio Severino
in scena Massimiliano Càrastro